Pian piano la pratica yoga e meditativa si affina, e per “affinarsi” intendo il semplice procedere con costanza nel tempo. Non è un affinarsi dato da uno sforzo di volontà ma piuttosto un flusso che manifesta naturalmente i frutti grazie ad una dedizione quotidiana. In questo affinarsi ho la sensazione di “spogliarmi” piano piano di quei condizionamenti e schemi mentali, di quelle idee preconcette su di me e su come funziona il mondo, di quelle rigidità fisiche e mentali che bloccano la mia energia e potenzialità. Perchè é verò che questo lavoro di spoliazione ci fa incontrare la nostra vulnerabilità, debolezze, ferite, i nodi del nostro albero, l’albero della vita che stiamo attraversando giorno dopo giorno. E nell’incontro con questi aspetti di noi, i meno desiderabili, abbiamo la possibilità di osservare il loro corrispettivo nel corpo, quella forte tensione nei tessuti del corpo, talvolta così cronica da scomparire alla “sensazione” fisica…ma anche non percepire sensazioni è una sensazione!
Cosa ne facciamo di ciò che sentiamo?
Possiamo osservare un pò quest’ area, percependone la temperatura, la densità, i contorni, forse emerge alla mente un colore che la rappresenta,… in sintesi possiamo fare amicizia con ciò che ci dà più fastidio. Senza alcun atteggiamento bonario o giudicante, semplicemente osservando qualcosa da una distanza maggiore….e poi possiamo esplorare quanto spazio c’è intorno a questa tensione e sentire se il respiro arriva e dove, e percepire se il resto del nostro corpo si sente più o meno libero o se in realtà è come una mappa con tanti punti di tensione. Ed anche se la rete è fitta e il dolore talvolta invade ogni spazio della nostra percezione possiamo con il respiro trovare quel sollievo, anche solo momentaneo, e creare un poco di spazio, di fluidità e apertura, non solo apertura alla percezione ma piuttosto apertura nell’intenzione di esplorare, di stare con noi stessi. Ci può aiutare percepire l’acqua presente nel nostro corpo: la saliva, gli occhi umettati, il sudore,…divenire coscienti che il corpo non è un blocco granitico che manifesta disagio ma é ricco di esperienze simultanee ( il cuore che batte, il respiro che si muove, il sangue che fluisce nelle vene, etc…) che concorrono sempre a cercare l’omeostasi : uno stato di equilibrio “dinamico” tra dentro e fuori per la ricerca del nostro miglior benessere in ogni istante.
Il corpo è intelligente e questa saggezza gli va riconosciuta e gli va riconosciuto il fatto che è più di un involucro. E’ la manifestazione di quello che siamo, momento per momento, e se gli antichi dicevano “Mens sana in corpore sano“, la nota relazione tra le parti che ci abitano è più che assodata.
Generalmente cosa succede?
Succede che la nostra mente non ha piacere a fare amicizia con il disagio, la sofferenza, la paura, le emozioni che etichettiamo come “negative” e generalmente quando le incontriamo…ci irrigidiamo ancora di più o cerchiamo di scacciarle, distraendoci da esse in ogni modo. In sintesi alziamo il volume o forse il rumore, l’affanno, la corsa della nostra vita per non sentire quello che c’è sotto.
Quali costi ha questo atteggiamento?
Se è vero quello che affermo il corpo non può che manifestare ulteriormente quello stato di disagio…e così in avanti…fino a che ci “impilloliamo”, andiamo da ogni tipo di esperto che possa rimetterci in sesto ( e all’inizio può aiutare) ma all’intoppo successivo della vita tutto si ri-manifesta uguale nel corpo e nella mente o apparentemente più in uno stato che nell’ altro.
Cosa fare?
Affinare l’ascolto! Ho accennato sopra qualche strumento concreto sempre a nostra disposizione… strumenti utili in questo percorso di esplorazione di me stessa che ho intrapreso grazie allo yoga e la meditazione e ad altre vie che conducono all’ascolto profondo, alla consapevolezza.
Vi racconto un episodio recente.
I giorni scorsi mi sono svegliata con un umore un pò cupo e non volendo riconoscerne la causa ho fatto finta di nulla per un pò ( sperando si scollasse di dosso) fino a che mi è parso chiaro che una mia aspettativa era stata frustrata e che questa frustrazione doveva farsi sentire. Nello stesso tempo avevo un forte fastidio nell’area tra le scapole che mi ha accompagnato tutto il giorno finchè la sera ho deciso che mi sarei fermata in meditazione ( controvoglia) e seduta sul cuscino…ho iniziato ad osservare ciò che c’era. E’ emerso intuitivamente che mi sentivo tradita e che quell’emozione era corrispondente ad una pugnalata alle spalle … quella forte tensione vicino alla scapola. Ho iniziato a portare un pò di dolcezza in quell’area mentre qualche lacrima scendeva, fino a sentire il respiro che ampliava e restingeva lo spazio tra le scapole come la danza di una fisarmonica. Il dolore è diminuito, la delusione era evidente nel corpo e nel cuore delle emozioni ma non c’erano pensieri rimuginativi e vendicativi, solo la consapevolezza del dolore della realtà di quel momento, che come tale si è dissolta nell’arco del giorno successivo.
Concludo con alcuni spunti di Ezra Bayda.
“Aspettarsi che i problemi scompaiano è il nostro problema fondamentale. Non vogliamo porci di fronte alla vita così com’è […]. Facciamo a malapena un respiro senza volere che la vita sia diversa da com’è. Tale resistenza è alla base dell’esistenza umana. Per lo più, non abbiamo voglia di risvegliarci. […]
Abbracciare intenzionalmente tutto ciò che capita, non respingere l’indesiderato, è ciò che si intende per dire ‘sì’ alla vita. […] L’unica possibilità, per chi vive la vita della pratica, è persistere nell’ includere tutta l’esperienza, poiché la sola altra opzione è continuare a respingere la vita, con tutta la sofferenza che ciò comporta”…
Chi PRATICA si sta allenando a questo…
…essere connessi al corpo ci permette di conoscere la prima via di espressione del nostro panorama psichico ed emotivo e grazie a questa connessione incontriamo la possibilità di accogliere e lasciare fluire ciò che è bloccato.
OM SHANTI SHANTI SHANTI